Alex Nardini – Uno scritto a lui dedicato

TATUATA

(Uno scritto dedicato ad Alex Nardini)

“Allora hai deciso…”

“Sì”.

“E se poi ti stancassi ? Volessi levarlo ? Non ti piacesse più…”

“Non credo…e in ogni modo, lo sai, non do peso al mio corpo, non mi guardo allo specchio…, non m’importa cosa ne penserò domani o fra vent’anni, ho solo bisogno di un segno…”

“Un segno…?”

“Devo segnare questo tempo…ricordarlo…”

“Ricordarlo ? Puoi farlo comunque…perché sulla pelle ?”

“Definitivo…, questa fuga non è con la testa nel sacco, so che sto fuggendo e da cosa…”

“Tu hai troppi uomini…”

“In questo periodo ? Sì…sempre… quando sono così…”

“Tu li usi…”

“E loro usano me…normale…”.

“Non sei innamorata, è vero…?”

“Ho bisogno di sogni, lunghissimi, interminabili…”

……………..

Ore 16.35. Sono in anticipo.

“Ciao…”

“Ho appuntamento alle 17.00…, posso aspettare ?”

“Accomodati, lui è di là…nel frattempo puoi guardare i cataloghi, hai già un’idea ?”

“No. Nessuna.”

Il divanetto è molto piccolo, e davanti una tendina trasparente, nera su un vetro. Dietro intravedo un’ombra. E un rumore, quasi un ronzio. Forte, insistente. Che cosa succede di là ? Nessuno parla…solo il ronzio.

Sfoglio le pagine piene di simboli scuri, linee, curve, punte, e piccoli totem, simbologie di mondi passati, qualche animale, e piume, ali. Che fare ? Che tipo di segno sul mio povero polso ? Un sole ? Questo piccolo pesce ? Questa spirale appuntita ?

“Hai bisogno d’aiuto ?”

Lei è vestita di nero, come me. Al naso, sopracciglia, e labbro inferiore anelli e altri piccolissimi oggetti.

“Fra poco tocca a te… è quasi pronto…”

Arriva. E’ qui vicino. Mi guarda. Lo guardo.

Alto. Magro abbastanza. Le maniche corte della maglietta blu, larga, scoprono ogni forma incisa, e incredibile, sulle sue braccia. E colori. Anelli ad ogni suo dito. E il viso. Rugoso, ma giovane, con occhi chiari e una bocca grande, non ben delineata. Senza barba.

“Ciao…che cosa posso fare per te…?”

Huuummm, che cosa puoi fare per me ?…devo dirtelo subito… o dopo?

“Credo che un occhio…forse…ma molto stilizzato…una forma semplice, pulita…non troppo grande…”

“Ok, vieni…”

Si muove piano e sparge in giro un po’ del suo profumo di muschio. La sala degli orrori ora è davanti ai miei occhi. Arrivandoci senza sapere cos’è può essere scambiata per lo studio di un dentista. Ma la musica ovunque, e forte, i disegni alle pareti, le sue foto nudo con esibizione d’ogni piccola e grande opera d’arte, mi fanno sentire finalmente a casa.

“Siediti qui…vicino a me…”

Mi accomodo, un po’ timorosa sulla poltroncina vicino al tavolo, dove lui sta disegnando il mio occhio. Con la matita su una velina trasparente.

“Così… ti piace ?”

“Sì…..va bene…”

Si alza. Più in là la poltrona da esecuzione, il patibolo, quasi un lettino, di pelle imbottita rossa. Mi allungo, e lui prende il mio polso. Non parla, e da un cassetto tira fuori un rasoio. In un attimo graffia via i pochi peli sul mio braccio fino alla mano. Io tremo, sono già spaventata.

“Posso… scappare… se…?”

“Scappare ? e dove…stai tranquilla… ci penso io… non sentirai male… non troppo…sopporterai…vedrai…”

La decalcomania ora è sul mio polso, bella disegnata, e blu.

“Ecco…questa è la giusta posizione… potranno vederlo bene, tutti…”

Comincio a sudare, la ghigliottina è lì davanti a me, e sta iniziando il suo ronzio terribile.

L’ago. Mio dio. L’ago.

Punge. Punge e colora la mia pelle. E lui preme, e striscia per seguire il tratto del suo disegno, il mio occhio.

Non voglio scappare. Sono immobile e senza respiro.

Il mio braccio sulla sua gamba, e lui curvato a tenerlo fermo. E incidere.

“Ti fa male…?”

La sua voce adesso è bassa, e lenta. Tutta la pelle del mio capo freme.

So che la mia spina dorsale sta iniziando a gioire. La sento.

Il piacere che sale dai miei fianchi sino alla nuca, e poi scende sino all’interno delle mie cosce.

Ancora immobile.

Ma con la mente sono già ad accarezzare la lampo dei suoi pantaloni, e tutta la meraviglia che gli sta sotto.

“Ti fa male…?”

Sì. Mi fa male. Tu sai che mi stai facendo male. E anche come.

Conosci il tipo di dolore che procuri alle tue vittime.

E sono certa che la tua erezione è già cominciata.

Non mi chiedi se voglio sospendere per un attimo. No. Non lo fai.

E io non vorrei. Non devi fermarti, ora. Non più.

Che bello. E’ bellissimo. Non potevo immaginarlo, sai ? Proprio non ne avevo sospetto.

Il segno che lasci sulla mia pelle vergine, è il tuo segno.

Il passaggio di te, su di me.

Molto più di una prima penetrazione. Altro tipo di verginità persa.

Quella di un angolo della mia testa, che ti lascia entrare dentro di me, e modificare il mio corpo.

Perché ho sempre sfuggito ogni mostra di body art ?

Stupida. Molto stupida. Ora capisco il piacere infinito.

E ne sto vivendo solo una piccola goccia.

E il senso di potere. Gigantesco. Voglio coprire il mio corpo di segni. Non smettere mai.

Aaaahhh… il tuo ago…come spinge… e striscia….e colora…

Ancora. Non fermarti. Non smettere mai. Fammi bruciare, ancora.

E incidi. Segnami. E segnami ancora…

“Ancora… un po’ di grigio…qui…è troppo vuota…questa forma…”

Sì…ancora. Grigio…azzurro…rosso…verde….Tutti i colori che vuoi. Riempi i miei pori. Senti che vuoti ? Senti che voglia di essere pieni… di te… e dei tuoi colori…?

Perché non mi tagli, ora ? Potresti…sai ? Non scapperei. No.

Qualsiasi lama nelle tue mani.

Oltre ogni pene, oltre ogni lingua e ogni mano.

Potresti farmi scoppiare, sai ? E sono già molto vicina. E la schiena mi trema.

E le gambe sono spalancate sai? Senti come sono bagnata ?

Allagata. Per te.

Potresti tirare fuori il tuo pene mentre continua il ronzio ?

Oppure allungare la tua terza mano, quella con le dita sensibili, e infilarmele tutte, una per una, e riempirmi ? Le sento già tutte dentro di me. Vuoi farmi venire ? Così ?

E allora anche la tua lingua. Ti prego. Non risparmiarti. Dammi tutto di te.

Lo prenderei, sai ? Il tuo tutto, e anche di più…

Ma…non hai ancora finito ? Allora anche tu non vuoi smettere. Ti piace.

Allora… sei sadico… è per questo che il tuo pantalone è così gonfio, qui proprio davanti a me ? E io sono masochista ? non so… Ma che piacere sottile… e inciso sulla mia pelle…

“Ti rifaccio questa riga… perché…”

Perché ? Hai capito quanto mi piace ? Grazie. Sei buono. Continua allora. Forse riesci a farmi venire. Mi piacerebbe sai ? Cosa direbbero quelli di là, che stanno aspettando, se ad un tratto oltre al ronzio del tuo ago, sentissero anche l’urlo ? Il mio urlo, quello più forte, e lungo. Quello che stai costruendo sulla pelle del mio povero polso. Lo vuoi ? Vuoi sentire il mio urlo ? E poi che faresti ? Lasceresti ogni cosa…? Smetteresti… per allargare le mie gambe ancora di più ? E affonderesti dentro di me ? Lo vorresti ? O forse è già troppo il piacere che senti nella tua mente mentre mi incidi… incidi il tuo segno su di me ?

“Ti piace ?”

“Sì…è bellissimo…sei stato bravo”

“Posso fotografarti ?”

Puoi fare quello che vuoi, lo sai.

Sei il mio cavaliere, ora… il cavaliere degli aghi.

E asciugami ora. Non posso uscire da qui, tutta bagnata.

“Torna, per ogni eventuale… io sono sempre qui…”.

Sono troppo bagnata. Aspetta. Non mandarmi via, adesso, solo perché c’è qualcuno che deve entrare ora, e al mio posto.

“Ciao, ti aspetto allora…”

Esco. Ma piano. E i sogni sono ancora con me.

Sta piovendo una pioggia discreta, e non ho ombrelli da aprire.

Cosa faccio ? Vado subito in auto ? O forse è meglio camminare un po’. Sì magari sulla riva del mare. E’ sempre bello in inverno, e con la pioggia tutto sembra più morbido.

La piccola ferita che brucia sotto la fasciatura… non stavo sognando, ora c’è un tatuaggio sul mio povero polso. Povero ? Superbo, come dice il mio amante migliore, “superba giornata amica mia”.

E sono bagnata, è vero. E non solo di pioggia. Bagnata di me.

E ho voglia. La reprimo ? Perché…?

Ricordo una volta, da ragazzina…l’amore sulla spiaggia, sotto una barca capovolta. Era sera come ora. E le luci lontane da noi, passavano appena da sotto, giusto per farci vedere le nostre mani che si toccavano. E le risate. “Ci avrà visto qualcuno…? …e se ci fosse qualcuno qui fuori…?” Nessuna paura allora. Ma adesso ? Mi infilerei sotto una barca capovolta per darmi piacere ? No. E non ci sono più le barche dei pescatori su questa spiaggia. Ora è un porto di lusso. Ma le panchine, quelle sì, ci sono.

Vado più in là, dopo l’ultimo lampione. Quella panchina isolata proprio vicino allo scoglio.

Eccola. Perfetta.

E la pioggia mi aiuta. Questa mano destra, così libera, che mi cerca. Se la lascio entrare sotto lo slip, potrà aiutarmi ? Sì. Penso di sì. Di solito è il mio letto il posto migliore, e meglio sotto il piumone d’inverno. Posso allargare le gambe nude e sentirmi tutta. Riconoscere ogni pelo, e bagnarmi le dita di miele. Ma ora arrivo subito e soltanto alla mia clito. E’ qui, proprio qui sotto, e già mi fa male. La scopro, la apro, nel punto più impazzito di tutto il mio corpo. Da lì è impossibile tornare indietro. Quando arrivo su quella punta di piccolo cazzo infuocato, la testa mi scoppia.

E allora, sì. Mi lascio scoppiare.

E’ stata una bella giornata.

E qui la pioggia è diversa dal solito. Calda, caldissima tra le mie cosce.